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Il cantante di blus - Capitolo 24

XXIV.

«Indovina chi sono?»

«Non è possibile! Michè, non ti fai sentire per mesi e all’improvviso ti viene la diarrea? Due volte in tre giorni?»

«Sempre i soliti modi regali. Complimenti, Altezza!»

«Vaffanculo. Che ti serve?»

«Porca miseria… toccherà a te prima o poi… sì, voglio un’altra notizia»

«Aeeee… ma allora non hai capito? Qua è un bordello!»

«Vincenzo, non fare lo stronzo, non me la far pesare. Ti dico che stavolta non è uno sfizio. È una questione seria».

«Dimmi allora, dai»

«Quel Cardamone che mi hai cercato. Devo sapere tutto di lui e della sua famiglia, dei dipendenti, di tutti quelli che gli girano intorno»

«Ma ci vuole un mese!»

«E dai… comincia dalla famiglia, poi i dipendenti della casa, camerieri, governanti, giardinieri, eccetera. Poi vediamo le aziende»

«La famiglia? Ma non teneva solo un figlio all’estero? Antonio, mi pare…»

«Sì, Nato a Caserta il 7 dicembre 1954».

«E allora con Antonio non ti posso aiutare. Non ce l’abbiamo, se sì e trasferito definitivamente».

«Ma sarà una residenza fasulla. Il padre fa qualche imbroglio fiscale con lui, ma in realtà quello sta qua».

«Non sono cose facili da provare. A noi di solito ce lo fanno i cugini ‘sto lavoro». Vincenzo e i colleghi chiamavano cugini i militari delle fiamme gialle, che si occupavano di indagini fiscali.

«Insomma non mi puoi dire niente proprio?»

«Mo’ vedo un po’. Chiamami lunedì sera».

«Lunedì? Non puoi fare niente adesso?»

«Miché, sei uno scassapalle! Come faccio adesso? È sabato! Mica posso andare ad aprire l’ufficio di sabato per te?»

«No?»

«No!»

«Ma una volta non tenevi il collegamento da casa?»

«Mamma mia, che rottura. Sì, ce l’ho. Chiamami tra un’ora».

«Vincenzo, quando ci vediamo ti do un bacetto»

«Vaffanculo!»

«Avevo detto un’ora» sbottò Vincenzo quando Michele richiamò.

«Sono passati 56 minuti. Non è un’oretta?»

«Sei una calamità! Non ho ancora finito. Da casa il collegamento è lento. Per il momento ho visto solo Antonio Cardamone. C’è qualcosa che mi sfugge».

«Che vuoi dire?»

«Per i cittadini italiani residenti all’estero, di solito abbiamo registrazioni contabili che li mettono in relazione con i loro interessi in Italia. Qui non c’e nulla. Non è troppo insolito, potrebbe non averne, ma non finisce qui. Non ho trovato nessuna registrazione riguardante contratti di locazione, acquisto di immobili in Italia o all’estero, contratti per fornitura energia e servizi. Non ho trovato tracce di un rapporto di lavoro di qualche tipo, né di trasferimenti monetari dall’Italia. Niente di niente».

«Che ne pensi?» chiese Michele, senza prestare più attenzione alla risposta dell’amico, occupato a riflettere su quelle incongruenze.

Il racconto di Michele parlava di una scomparsa. Certo Pino Daniele non era scomparso, dato che l’aveva visto il giorno prima. Ma nel racconto esisteva un sostituto. Poteva essere certo che quello che aveva visto…?

Michele si impose di ragionare. Si andava convincendo dell’impossibile. Aveva ammesso lui stesso che il suo racconto era inverosimile.

Non era possibile mettere su una truffa del genere. Non per così tanto tempo. Gli amici, la famiglia, tutte le situazioni di vita che circondano una persona non permettono che questa venga sostituita così, di punto in bianco, da uno sconosciuto.

Certo, se non fosse uno sconosciuto…

Ma, no. No. Era impossibile.

«Ciascuna di queste mancanze» disse Vincenzo alla fine di una lunga pausa «potrebbe avere una spiegazione. Non ha interessi in Italia, ha sempre vissuto in un albergo, non fa acquisti se non in contanti, non lavora perché è ricco, o i soldi li fa illegalmente… Ma prese tutte assieme sembrano dire che questo tipo non esiste».

«Stavo pensando la stessa cosa» rispose Michele «senti Vincenzo, ti ringrazio di tutto. Ora lascia stare e magari ci riprovi lunedì con le altre cose. Dall’ufficio la linea è più veloce»

«Michè, sei strano. Non hai più fretta? Ti ho dato una cattiva notizia? Lo sai che non ti faccio mai troppe domande, ma mi vuoi spiegare?»

«Mo’ non posso. Ci sentiamo lunedì e ti spiego tutto».

«Vabbuò, ho capito. Statti bene, ciao».

«Ciao».