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Il cantante di blus - Capitolo 12

XII.

Amilcare Frattini era mattiniero, sebbene pensasse che la cosa mal si addicesse al grande dirigente d’azienda. Forse era troppa degnazione arrivare prima dei dipendenti, ma non riusciva a restare in casa una volta pronto per uscire e, quando era fuori, non sapeva dove altro andare se non alla Teorema. Le solite malelingue dicevano che il fatto che passasse tanto tempo in azienda dipendeva dalla moglie insopportabile, ma si sa come sono le persone maldicenti. Certo, si sa anche come sono mediamente le mogli dei grandi dirigenti di azienda.

Prima di lui arrivava solo il custode, Antonio… Morroni o qualcosa di simile, un barese appiccicoso che Frattini faceva di tutto per evitare, per la sua tendenza alle confidenze non richieste. La sua era infatti l’unica altra auto presente nel parcheggio.

Era già capitato che Morroni o Morrone o comesichiamava dimenticasse le luci accese, ma con l’arrivo dei tedeschi si era posta grande attenzione agli sprechi, e Frattini cominciò a innervosirsi quando vide l’atrio inutilmente illuminato.

Il custode non era al suo posto, così salì al piano di sopra pronto a chiamare l’agenzia di sicurezza per fare una ramanzina al capoturno.

Quando passò davanti all’ufficio di Manara notò la porta mal chiusa e il disordine all’interno. Poi vide il corpo a terra.

Lo shock fu violento. La scena era impressionante per chi come Frattini non aveva mai visto un cadavere.

Restò fermo per alcuni lunghissimi secondi, finché rifletté sul fatto che non poteva essere certo di trovarsi di fronte a un cadavere. Morrone, sì era quello il nome, magari era solo svenuto.

Fece due cauti passi indietro e percorse il corridoio cercando un ufficio aperto per chiamare il pronto intervento. Fu costretto ad arrivare fino al suo studio e impiegò un po’ per fare il numero, con le dita esitanti che continuavano a pigiare i tasti sbagliati. Solo molto più tardi si chiese come mai non avesse usato il cellulare.