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Il cantante di blus - Capitolo 9

IX.

«Venite da Silvia stasera?». Michele si era rivolto a Manuela e Giorgio che prendevano il caffè davanti ai distributori della Teorema.

«Silvia? Chi è Silvia?» Manuela era delicatamente curiosa della vita privata di Michele, che era capace di essere riservato al limite della misantropia.

Così a ogni nome di donna che Michele pronunciava, Manuela si faceva attenta e sorridendo si spingeva a domande indiscrete, riuscendo sempre a fermarsi molto prima dell’invadenza.

«E dai, ve ne ho parlato. La mia amica ceramista…»

«Quella che ha fatto i presepi in ceramica nel dicembre del 2003, e che ha avuto la menzione di merito al premio Faenza nel 2005?» domandò Giorgio, interrompendolo.

Michele e Manuela si guardarono, poi guardarono Giorgio e dissero contemporaneamente «Tu non sei normale!».

In quel momento arrivò Bea e si unì alla risata che seguì, come sempre alimentata anche dalle giustificazioni che Giorgio accampava per la sua memoria di precisione maniacale.

«Che volete da me? Me lo avevi raccontato, e me lo ricordo».

«Ma va! Comunque, sì, è lei. Stasera ha una mostra… insomma una cosa che organizza al Sunrise, un locale di un suo amico a Torrevecchia. Mette un po’ di opere in giro, invita persone e si fa pubblicità. Mi ha chiesto se porto un po’ di gente. Allora?»

«Stasera abbiamo una festa di compleanno in famiglia» rispose Manuela per entrambi, visto che Giorgio, probabilmente propenso a sfuggire la riunione casalinga, stava lanciandosi grato verso quell’ancora di salvezza. «Non so se ce la facciamo a venire dopo» aggiunse poi con un gesto definitivo.

«Ci vengo io, conosco il posto» disse Bea.

Michele non si mostrò troppo felice della cosa. Da quando erano usciti dallo studio di pilates, sembrava evitarla. Non che fosse stata una cosa noiosa, anzi la sua compagnia era stata piacevole. Fuori dallo studio, però, si erano salutati e Michele aveva avuto una sgradevole sensazione di ‘incompletezza’. Avrebbe voluto invitarla a pranzo, restare ancora un po’ con lei, ma contemporaneamente la trovava troppo pervasiva, quasi travolgente. Questo rapido alternarsi di giudizi lo spaventava un po’.

«Va bene, allora ci vediamo là verso le nove» disse mentre la riunione si scioglieva e tornavano al lavoro.

 

«Dobbiamo attraversare tutta Roma per andare a Torrevecchia». Bea era sulla soglia dell’ufficio di Michele. Doveva averlo seguito, invece di andare all’ascensore per scendere al centro di calcolo.

«Sì, la strada è quella» le rispose Michele alzando gli occhi dal monitor.

«Allora potremmo farla insieme, andare con una sola macchina, non ti pare?»

«Ma. . ».

«Vengo io a prenderti alle otto?»

«Non…»

«Mi spieghi che hai? Perché mi eviti? Hai paura di me?» disse con un sorriso «Guarda che non ti mordo, a meno che proprio non ti piaccia».

Era raro che capitasse, ma Michele rimase senza parole. «Va bene per le otto» riuscì a dire alla fine, mentre Bea stava già andando via.